Il racconto del viaggio di Yukon Studio in Islanda
Questo articolo vuole essere la pagina di un diario dove andiamo a raccontare la storia del nostro viaggio in Islanda, tra lavoro, meraviglia e scoperta. Prenditi dieci minuti, inizia il racconto.
Inizia tutto dal richiamo del nord, da quella voce che ti spinge a guardarti dentro e a esplorare nuovi confini creativi e personali.
“Dove potremmo andare?”
“Islanda. Tutta la vita. Che ne pensi?”
“Bello. Quando prendiamo i biglietti?”
L’idea era quella di realizzare due lavori: uno shooting adv, un documentario da declinare in un video di trenta minuti e insieme una serie di foto da inserire in un libro. Partiamo dallo shooting.
L’Islanda porta con sè un’estetica molto marcata. I colori, la luce la roccia e il mare hanno toni che non si vedono in nessuna parte del mondo. Iniziamo quindi a pensare alla location nella quale vorremmo ambientare lo shooting commerciale, una campagna occhiali per Polar. La scelta ricade su Reynisfjara, uno dei luoghi più iconici e pericolosi dell’isola. Ma si sa, se non è estremo a noi non piace. Troviamo un’agenzia di casting in loco, identifichiamo i modelli, definiamo il mood e siamo pronti per partire…
…Bene, fuori uno. Pensiamo invece al documentario, che naturalmente ha altre criticità. Vogliamo raccontare una storia, vogliamo parlare di appartenenza, però in maniera totalizzante e universale, vogliamo che chiunque possa riconoscersi in questa storia. Quindi pensiamo: per cosa è famosa quella terra? La risposta giunge semplice: natura, cavalli e musica elettronica. Decidiamo di focalizzarci sui cavalli. Cercando svariati maneggi, tour ed esperienze a tema equestre ci imbattiamo in Hordur Bender, un allevatore di cavalli che conduce un’attività come guida turistica, facendo conoscere ai turisti le meraviglie della sua nazione e narrando come una sorta di cantastorie le leggende e i miti d’Islanda. Ci guardiamo e pensiamo “meglio di lui non c’è nessuno”.
Così ci mettiamo in contatto con Hordur, gli spieghiamo il progetto e quello che vorremmo andare a raccontare con le nostre foto e i nostri video e raccogliamo un ottimo riscontro da parte sua. Fuori due, ora si fa sul serio.
Noleggiamo la macchina e aspettiamo le rimanenti settimane che ci separano dalla nostra grande avventura. Stiamo partendo davvero.
Il fatidico giorno arriva e ad ore improponibili ci rechiamo a Venezia per prendere il nostro volo. Tutto liscio, imbarchiamo le luci e partiamo per la nostra meta.
L’Islanda ci accoglie con una leggera pioggia e un vento freddo, 11 gradi, quando a casa ce n’erano 30. Un po’ d’aria fresca. Ritiriamo la macchina dal noleggio e, visto che siamo arrivati tardino, ci rechiamo verso la prima casa, in attesa del giorno seguente in cui avremmo dovuto andare da Hordur, che ci avrebbe ospitato per i quattro giorni successivi.
Hordur vuole ampliare la sua offerta ai turisti costruendo dei bellissimi cottage nella sua fattoria, noi dobbiamo accontentarci di una camera, che non è un problema, non fosse che la camera in questione è letteralmente adiacente alla stalla, il che significa… diciamo adattarsi. Ma tutto questo è talmente hardcore che decidiamo di andare avanti, in fondo quando ci ricapita? L’importante è calarsi il più possibile nella realtà che andremo a raccontare, per poterne carpire la vera essenza.
Il giorno seguente scopriamo veramente il nostro talent, Mr. Iceland, andando a fondo della sua filosofia, della sua vita e delle sue scelte e del suo rapporto con la natura. Ma su questo non facciamo spoiler, non vogliamo rovinarvi la visione del documentario.
Rimaniamo nella fattoria per quattro giorni, riprendendo momenti magici e paesaggi al limite dell’incredibile. Al termine della nostra avventura, abbracciamo Hordur e ci dirigiamo verso Reykjavik. Si parte con la campagna.
Il giorno seguente carichiamo la nostra attrezzatura nella nostra fidatissima Dacia Duster e ci dirigiamo verso Reynisfjara insieme ai due modelli scelti per la campagna.
Una volta arrivati, dopo le canoniche tre ore e mezza di auto (si, percorrevamo mediamente quelle ore a tratta per fare un po’ qualsiasi cosa), facciamo base e iniziamo a scattare e a riprendere. Ma come, siete riusciti ad avere i permessi per scattare lì? Ma certo. È stato facile? No, per nulla. Perché dovete sapere che in Islanda il bene demaniale sostanzialmente non esiste, tutto è privato, persino una delle spiagge più iconiche. E no, su Google non si trovano. È stata un’esperienza ma eccoci qui, permessi alla mano, coperti come se stessimo per scalare l’Everest a fare una campagna. Un aneddoto interessante: i modelli erano in camicia. Ma tranquilli eh? Per loro quello era tempo da barbecue. Finiamo qualche ora dopo, felici come non mai, esausti come non mai.
Ci guardiamo e all’unisono diciamo: ”Domani terme”.